Back to 1942 (Festival di Roma 2012 - Concorso)
- Scritto da Massimo Volpe
- Pubblicato in Asia
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Nel 1942, in piena guerra mondiale in svolgimento, le popolazioni della regione cinese dell'Henan furono sopraffatte da una carestia che diede il colpo di grazia ad una condizione già gravemente compromessa da decenni di guerre e occupazione giapponese. Per queste popolazioni non rimase altro che intraprendere un esodo verso le regioni occidentali alla ricerca di condizioni di vita più accettabili.
Questo è il contesto storico nel quale Feng Xiaogang ambienta il suo ultimo lavoro, Back to 1942, presentato in concorso alla settima edizione del Festival del Film di Roma. La rilettura storica mira a rendere chiaro un episodio che anche a detta del regista finora è rimasto abbastanza sepolto nella memoria della Cina all'epoca ancora in mano al governo nazionalista. Con la consueta impronta da kolossal a cui Feng ci ha abituati, il film, rigorosamente scandito da date ed eventi ben circostanziati, si focalizza su un proprietario terriero, sulla sua famiglia, e su quelle dei suoi lavoranti, che si ritrova in un attimo senza nulla e il miraggio dello Shaanxi come terra di salvezza. L'esercito nazionalista in rotta, i bombardamenti giapponesi, la penuria di cibo trasformano l'esodo in un massacro, cui le autorità prestano ben poca attenzione, nel quale anche la morte e la dignità umana hanno perso ogni valore e in cui il conforto religioso da parte di preti cattolici serve a ben poco di fronte alla tragedia che scuote anche la loro fede.
Questa cronaca bellica toglie indubbiamente qualcosa alla profondità dei personaggi e ben presto si adagia su una serie di episodi che prendono per la gola lo spettatore, avvalendosi anche di scene a forte impronta e strutturate con forte dispendio di mezzi tecnici (la scena iniziale nel villaggio assaltato dai banditi, i bombardamenti) che tendono in più occasioni a lasciare da parte i drammi umani dell'abbandono e del commercio di persone.
Blockbuster sì, ma con grande qualità, e c'è da giurare che sarà per Feng l'ennesimo boom al botteghino: d'altronde questa è la tipologia di cinema che la Cina continentale ha imparato a confezionare con grande cura e qualità, con l'occhio anche al gusto occidentale. Accoppiata di star occidentali con Adrien Brody e Tim Robbins (quest'ultimo a dire il vero un po' fuori luogo nel ruolo del prete italiano) che si affiancano a quella cinese Zhang Guoli-Xu Fan sicuramente più efficace nel contesto del film.