Tutto tutto niente niente
- Scritto da Roberta Bonori
- Pubblicato in Film in sala
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Tutto tutto niente niente possiede un riconoscibilissimo stile dell'assurdo che sembra - forse involontariamente - un omaggio a quel genio della poetica della saga Fantozzi, e alla luce di ciò non sembra un caso la partecipazione straordinaria di Paolo Villaggio (muto durante tutto il corso del film).
In questa sorta di sequel ideale di Qualunquemente, il politico disinvolto Cetto, il nordista estremo Rodolfo Favaretto e il riformista catto-stupefacente Frengo si ritrovano alle prese con la giustizia e il carcere, assegnato a tutti e tre per colpe diverse. Verranno tirati fuori dal governo stesso (in moria di deputati) per essere usati come pedine nella folle Italia di questi anni. Le loro idee, però, si renderanno mine vaganti che il governo si ritroverà necessariamente a contenere.
Le situazioni estreme e surreali, nonchè il funzionale personaggio lisergico del sottosegretario interpretato da Fabrizio Bentivoglio (una sorta di mega-direttore galattico) con la complicità di un cast affiatatissimo, rendono Tutto tutto niente niente un film fantapolitico che sorregge bene le fondamenta del primo Qualunquemente.
Lo squilibrio tra la caratterizzazione dei personaggi di Antonio Albanese appare poco convincente all'interno di una pellicola che, altrimenti, si rivelerebbe uno spaccato neorealista e grottesco sull'Italia di oggi, dai risvolti politici inquietantemente simili al reale.
Il secessionista Olfo e l'hippie pugliese Frengo sono molto più deboli rispetto al ridicolo - ma monolitico - Cetto La Qualunque, le cui battute e sketch rimangono più forti e delineati.
Eppure...
Eppure, alla fine della proiezione, rimane una grande domanda che è più un tormento che una considerazione. L'uso scellerato di macchiette che risaltano fin troppo le piaghe da decubito dello stivale ha ancora il potere di farci ridere? Non dovremmo a questo punto, Albanese compreso, provare disgusto per questi personaggi ignoranti e cafoni? A quanto pare, cavalcare l'onda della sopportazione è un'accettabile prova di comicità all'italiana.