Don't Go Breaking My Heart 2 - Recensione
- Scritto da Massimo Volpe
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E’ passato un anno da quando la gagliarda battaglia sentimentale si è conclusa con la scelta dell’angelica Cheng Zixin, impegnata ora nei preparativi del suo matrimonio con l’architetto Qihong, il vincitore del certame che a sua volta sta a Suzhou a completare uno dei suoi grattacieli. Chen Zixin trova lavoro come analista finanziaria alla corte di Yang Yangyang, gagliarda donna in carriera, ma il caso le rimette davanti ancora una volta Cheung Shen-Ran, il donnaiolo impenitente suo ex datore di lavoro nonché sconfitto da Qihong nella battaglia romantica, che ha il suo ufficio nel grattacielo proprio davanti a quello in cui lavora lei.
Un prologo ricco di coincidenze e di presupposti che serve unicamente a creare un legame netto col precedente lavoro proprio per far apparire chiaro come Don’t Go Breaking My Heart 2 sia in tutto e per tutto un sequel classico, la visione del quale non può prescindere da quella del primo episodio.
Arricchito dalla presenza di qualche nuovo personaggio basilare, Yang Yangyang appunto, fidanzata di Cheung e Paul, fratello di Zixin, il lavoro di Johnnie To ricalca in maniera quasi pedissequa lo schema del precedente: situazioni che si prestano all’equivoco, turbamenti amorosi che vanno e vengono, ritorni di fiamma, guerre sotterranee, tresche più o meno palesi, triangoli che si sfasciano e si ricompongono, tutto giocato nella medesima atmosfera tra grattacieli come palcoscenici di cristallo, inevitabili equivoci che nascono da questa strana forma di comunicazione a distanza, SMS e videomessaggi, operazioni finanziarie, barche lussuose, Ferrari e Maserati, e persino, dulcis in fundo, la parodia del famoso polpo Paul dei Mondiali di Calcio del 2010 e torte in faccia come da tempo non si vedevano.
E anche il finale, che lascia aperta una non certo improbabile possibilità che in un futuro prossimo si possa assistere al terzo capitolo, segue in maniera quasi sovrapponibile lo schema del lavoro precedente, mettendo un sigillo inconfondibile; semmai è da valutare se l’aver voluto scegliere un'architettura narrativa a 'carta carbone' possa avere giovato o meno alla pellicola: di sicuro Johnnie To è andato sul sicuro, facendo però venir meno la larga fetta di sorpresa che nel primo capitolo aveva dominato.
Don’t Go Breaking My Heart 2 è però comunque film piacevole, che nonostante tutto ha il suo fascino e che fonda i suoi aspetti positivi sulla regia di Johnnie To che, anche quando si impegna nel filone romantico-sentimentale in combutta col fido sceneggiatore e compare Wai Ka-Fai, riesce a lasciare la sua traccia indelebile. Indubbiamente ambientazioni ed atmosfere sono ben costruite nella loro quasi eccessiva patina di glamour e la storia ha il suo ritmo che non scema mai tra colpi di scena, sorprese e dialoghi divertenti. Il cast è ben assortito e trova in Miriam Yeung un qualcosa in più grazie alla sua bravura e simpatia che ben si incastra con quella di Vic Chou. Louis Koo da parte sua sembra a suo agio nella parte del playboy inguaribile, sempre pronto a sanguinare dal naso alla vista di procaci tettone coscelunghe, ma nel contempo minato nel suo machismo da una vena romantica che lo tormenta.
Una cosa però va detta: non che il Johnnie To romantico-sentimentale ci abbia (quasi) mai deluso, ma quello dell’action-movie di stampo hongkonghese, di cui è Maestro impareggiabile e universalmente riconosciuto, sa regalare qualcosa di più, quasi sempre indimenticabile.
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Massimo Volpe
"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".
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1 commento
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Lumaca bianca Giovedì, 05 Marzo 2015 15:07 Link al commento
preferisco di gran lunga johnnie to quando faceva i film d'azione/polizieschi, però anche le sue commedie sono sempre sopra la media... ma quando tornerà a dirigere film come the mission, exiled, ecc?