Looper
- Scritto da Serena Guidoni
- Pubblicato in Film in sala
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I viaggi nel tempo sono un tema caro tanto alla letteratura quanto al cinema; è il fascino, intrinseco, che sta dietro la nostra curiosità, se non addirittura ossessione, di scoprire il futuro e nello stesso tempo di modificare degli avvenimenti del nostro passato. Lo statunitense Rian Johnson, regista e sceneggiatore al suo terzo lungometraggio dopo Brick - Dose mortale (con protagonista Joseph Gordon-Levitt) e The Brothers Bloom (interpretato da Rachel Weisz, Adrien Brody, Mark Ruffalo e Rinko Kikuchi), con Looper mette in gioco considerazioni più profonde sul significato del tempo e sul valore che ciascuno di noi dovrebbe dare alla propria esistenza.
Siamo nel 2044 e Joe (Gordon-Levitt) è un killer incaricato di uccidere su commissione le persone ritenute scomode dalla criminalità organizzata che opera nel 2072, un prossimo futuro nel quale sono possibili i viaggi nel tempo, ritenuti comunque illegali. I criminali del futuro, infatti, inviano le proprie vittime nel passato in modo tale da far letteralmente sparire i corpi. Il lavoro di Joe è metodico e non consente errori, ma le cose cambiano quando si trova di fronte il se stesso del futuro (Bruce Willis), il quale non accetta passivamente la sua condanna a morte. Il gap di sistema che viene messo in circolo dalla mancata uccisione del se stesso futuro, dove appunto il cerchio rimane aperto, cambia in maniera radicale il corso degli eventi.
Il concetto di loop, l’infinito e il ciclo continuo, aspetti di una filosofia moderna che si interroga non tanto sui perché del nostro vivere, quanto sul come le azioni, anche le più insignificanti, scatenino una reazione sempre uguale a se stessa, a meno che essa non venga modificata negli intenti, sono affrontati nel film inizialmente con scopi prevalentemente d’intrattenimento, ma che, soprattutto sul finale, lasciano spazio ad una riflessione più accurata. Ad una prima parte frenetica ed avvincente nella quale il ritmo è scandito da sparatorie e fughe al cardiopalma (dove è il veterano di action movie Bruce Willis a farla da padrona), nella seconda si assiste ad un parziale capovolgimento di genere, sentimentalmente più accurato (da non confondere con il romantico!), dove con l’entrata in scena del personaggio di Emily Blunt e suo figlio, il climax della storia raggiunge il suo culmine.
Il film, nonostante la trama sia evidentemente complessa, non cede mai sotto il peso di quello che in gergo viene chiamato lo 'spiegone', ovvero la necessità di far decifrare tutto, di far quadrare i conti del racconto, togliendo allo spettatore ogni possibilità di ragionare e trovare la propria 'soluzione'.
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